Perché l’uomo crea? avrei voluto chiederlo a Saul Bass (1920 – 1996), designer newyorkese cresciuto a cinema e “new bauhaus”, innamorato del costruttivismo, alla base dei suoi studi. La creatività espressa da questo geniale e versatile artista è difficilmente “inquadrabile”, nella sua carriera si è occupato di graphic design, creando loghi in molti casi ancora esistenti ma a rimanere nell’immaginario comune saranno senza dubbio i suoi indimenticabili titoli di testa di molti film, alcuni dei quali veri capolavori diventati tali anche grazie alle “visioni” memorabili in “testa”(nel senso letterario e cinematografico del termine) del nostro Saul. Ciò che prima era solo una noiosa sfilza di nomi di maestranze, con lui è diventato puro intrattenimento marcando una linea immaginaria tra il “prima” ed il “dopo” Saul Bass. Con Otto Preminger ebbe il suo primo sodalizio, le forme nere e “maltagliate” a descrivere una sagoma, un corpo fatto a pezzi, segni grafici semplici, mani che in un rudimentale “timelapse” arrivano ad oscurare lo schermo sino a “chiudere gli occhi” allo spettatore, le note di Duke Ellington a formare uno straniante intro del bellissimo Anatomia di un omicidio. Una esplosione di colori caratterizza i frame iniziali de Il giro del mondo in 80 giorni, un film “prima” del film, motion graphic da diventar pazzi, ambientazioni, personaggi animati, ritmi musicali mutevoli, cromatismi, textures e pois che si riempiono di significati e che in dissolvenza mentale mi portano a certe carte da parati tanto in voga nei seventies (ed a qualche trip da lsd). Sono indimenticabili i titoli per alcuni capolavori di Hitchcock ma ogni volta mi inchiodano per la loro perfezione quelli di Vertigo (la donna che visse due volte in Italia, NDR), la partitura musicale di Hermann, i primissimi piani sulla bocca, sugli occhi di Kim Novak, lo sprofondare nelle vertigini dai colori accesi che anticipano i paurosi vuoti del protagonista Jimmy Stewart. Con gli anni le linee ed i segni grafici lasciano sempre più spazio alle immagini, come nei credits di Intrigo Internazionale, i quadrati verdi in dissolvenza diventano una facciata di un grattacielo dove si specchia una città in movimento che coincide con l’inizio del film mentre in Cape Fear di Scorsese c’è un ribaltamento; nelle increspature acquatiche impressa nel fiume la luce crea un movimento di linee di raro dinamismo, visioni potenti che ritroviamo anche nei titoli di Casinò che inizia con una esplosione ed il corpo di Robert De Niro che fluttua dalle fiamme allo scintillio delle luci di Las Vegas con un lirismo incredibile che ci fa “assaggiare” l’ascesa e l’inevitabile caduta che vedremo durante il film del protagonista. Ho aperto questo pezzo ponendomi una domanda di cui già conoscevo la risposta perchè Saul Bass ha provato a spiegarcelo con un piccolo documentario: “Why man creates” premio Oscar come miglior documentario nel 1968. La sequenza dell’edificio varrebbe da sola la statuetta dorata, non perdetela. Ecco il link: Why Man Creates / Saul Bass